
Cari amici e amiche di Mark Caltagirone,
ora che la verità s’è palesata – Mark sono io, motivo per cui nell’ultimo bimestre sono stata, come dire, inafferrabile 😀 – posso anche uscire dall’ombra e tornare ad imbrattare allegramente questi schermi.
Ed in considerazione dell’epoca, perché non farlo disseppellendo dai gattini rotolanti di polvere un bell’amarcord direttamente dagli anni ’90?
Correva l’annus domini 1995 in quella della bassa taurinense; mese di giugno in tempi non sospetti, leggasi quando ancora l’emergenza climatica non deflagrava quotidianamente in micidiali secchiate di grandine e allagamenti repentini un giorno sì e l’altro pure.
Insomma: faceva caldo, mooolto caldo, caldissimo proprio per chi, a giugno 1995 come me, s’appropinquava al temutissimo, vecchio esame di maturità. Maturità classica, peraltro, nulla a che vedere con quel divertissement di laurea in Scienze delle Merendine che sarebbe arrivata cinque anni dopo.
Sino alla fine degli anni ’90, che a voi sembrano il Pleistocene ma per noi quarantenni hanno lo smalto e la vividezza dell’altroieri, o giovani maturandi all’ascolto (?!), dovete infatti sapere che il temutissimo esame di Stato per ogni studente di scuola superiore dello stivale assumeva i contorni dell’incubo.
Per dire: se voi pensate che oggi, dopo la riforma di fine anni ’90, l’esame così com’è strutturato oggi, con crediti, commissioni miste, tre prove e via discorrendo, rappresenti uno scoglio scoscesissimo…ecco, allora moltiplicate tutto questo per cinque (per me, pure per quindici) ed non otterrete che una vaga idea di cosa rappresentasse la maturità allora.
Non per nulla, Venditti non c’ha dedicato una canzone per caso!
Un solo commissario interno – leggasi: una sola anima pia che foooorse, avendoti conosciuto nel lustro precedente, potesse infonderti un po’ di coraggio – due materie per l’orale su una rosa avvizzita di quattro/cinque proposte dal Ministero, di cui una a tua scelta e l’altra a scelta della commissione. L’horror vacui proprio, perché se é vero che oggi oggetto dell’esame son tutte, le materie, vent’anni fa si richiedeva che quelle quattro/cinque sorteggiate tu le conoscessi dalla A alla Z, dieresi incluse.
E nella mia fulgida annata, nello stoico tempio dell’umanesimo, per capirci, la sorte ricadde sul quinquetto letale di latino greco italiano storia matematica.
E sulla concomitante infezione all’occhio destro, antesignana delle uveiti, congiuntiviti e fotofobie che sarebbero state, veramente ideale per ripassare notte e dì (ma soprattutto notte, v. dopo) rinchiusa in casa con 30° all’ombra, tapparelle ermeticamente sigillate, lettere e numeri a mischiarsi e confondersi sulle pagine alla luce fioca dell’abat-jour. Magari alle due di pomeriggio.
Il tempismo, la gioia, la baldanza proprio.
(to be continued)
eh si…anche i miei esami di Stato non furono una passeggiata e appunto come dicevi, c’era un solo membro interno.
ciao Kiara, buon pomeriggio!
(è arrivato il caldo)
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Ciao Antò, esattamente! Sono tappe (ad ostacoli) che uno non dimentica; e proprio per questo vorrei raccontarne anche il proseguo…Entro il 2020, ad occhio e croce, ce la frò 😀
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