L’estate su uno scaffale

Sebbene sia andata bofonchiando un giorno sì e l’altro pure appellativi non propriamente oxfordiani all’indirizzo di scirocco e maestrale, che hanno soffiato implacabili per qualcosa tipo sedici dei venti giorni di vacanza toscana per la gioia dei surfisti/kiteristi spiaggiaroli MA l’afflizione delle portatrici sane di lenti a contatto e mal di testa latenti, c’è da dire che al riparo sommario di gazebo paglierino ed occhiali da sole Pantani-style le letture non siano mancate:

ho totalizzato il personale record di cinque-libri-in-venti-giorni, che per quanto non paragonabile al miraggio di verdoniane memorie di sette-chili-in-sette-giorni….malaccio comunque non è.

Non solo: con il combo smart working, che ha visto convertirsi parte dei tempi di viaggio in tempi di lettura (o di ricamo, o di spritz, o di caciara varia; ma parecchi libri, tra un drink e l’altro, diciamo) + giornate dilatate di giugno e luglio, la mia sportina di letture estive s’è decisamente rimpinguata.

Tanto che segna ad oggi un lusinghiero + 13 libri macinati da inizio estate ad oggi. Ed anche se dall’odierno cielo color roditore non si direbbe, ehi, l’estate non è ancora finita!

Ma dato che ci pensa Goodreads (la mia personale scheda cartacea di reso/prestito di utente bibliotecaro d’antan – amici boomers come me, chi se la ricorda..?) a tener traccia di tutti i miei articolati, opinabili sproloqui a caldo sulla bontà delle letture, quel che vorrei tracciare qui è invece un fulmineo commento in pillole su ciascuno dei 13 prescelti.

Metti mai che qualcuno cerchi spunto su cosa tuffarsi…o cosa invece rifuggire come l’herpes zoster:

3, 2, 1…si parte.

  1. La spinta, Ashley Audrain. L’anaffettività è (anche) una tara genetica? Osannato dalla critica internazionale, per me il “folgorante” romanzo d’esordio di questa autrice canadese resta un perlito question mark. Giudizio: MEH.
  2. L’inganno delle buone azioni, Kiley Reid. Un tema spinoso come il razzismo è servito in salsa stelle e strisce con tutti i cliché del caso, ivi compresi balli liceali di fine anno, coinquiline party-addicted, anchormen di belle speranze e assicurazioni sanitarie quali passaporti per l’età adulta. Giudizio: da ombrellone sì, premio Pulitzer no.
  3. Supereroi, Paolo Genovese. Più che un libro, una sceneggiatura bell’e pronta su cosa vuol dire restare in coppia per un ventennio al giorno d’oggi, con tutte le curve a gomito del caso. Giudizio come per Venezia, bello ma non ci vivrei.
  4. L’angelo di neve, Ragnar Jónasson. Fedele alle premesse: è un giallo islandese, quindi ci scappa il morto ed è sulla neve. Sì se meditate un viaggio a Reykjavík, no se cercate ritmo e azione. Giudizio: BRR, RONF.
  5. Assassinio sull’isola, Anne Glenconnier. L’autrice è l’ex dama di compagnia della principessa Margaret, sorella dell’inossidabile Elisabetta, l’isola la verdeggiante, caraibica Mustique, di cui Margaret era assidua frequentatrice. Aggiungi a questi ingredienti un tot di rampolli tanto ricchi quanto sfaccendati e per me questo giallo non può che essere un grande sì. Giudizio: come i Caraibi, belli e ci vivrei eccome.
  6. L’ultimo regalo, Kathryn Hughes. Sto ancora decidendo se sia più sciatta la trama o la scrittura; quel che è certo è che la protagonista alla ricerca della madre scomparsa è più sfigata di David Copperfield e più soporifera del cloroformio. Giudizio: non so; se c’ero, dormivo.
  7. Mai Stati così Uniti, Simona Siri e Dan Gerstein. Il sottotitolo, Cosa ho capito dell’America litigando con mio marito americano, assolve egregiamente alla funzione di sinossi del romanzo, che capitolo dopo capitolo affronta con contezza di causa e brio le più eclatanti tra le tante macro differenze culturali tra la terra della cacio&pepe e quella degli spaghetti in lattina. Giudizio: Fratelliiii/d’Italiaaaa…
  8. Un bel quartiere, Therese Anne Fowler. Lotta di classe e riscatto sociale, conflitto generazionale e il germe silente ma infido dell’odio razziale: quanta paccata di roba può dividere un confine di proprietà, terreno e metaforico? Bella la storia ma non il finale e la mia compagna di ombrellone (e di gin tonic al tramonto, awww, SAUDADE) Stefy che l’ha letto dopo di me ha espresso lo stesso identico pensiero. Giudizio: peccato, partiva col botto, comunque per me Maria è un sì.
  9. L’inganno, Chalotte Link. Sono di parte perchè adoro quest’autrice tedesca e quindi per me anche il bugiardino del Voltaren, se scritto da lei, sarebbe da dieSci. Ma qui siamo al cospetto di un giallo veramente ingegnoso, oserei dire pirotecnico, ove sul finale convergono con credibilità quelle che inizialmente sembrano due trame a sé. Il mio giudizio non può dunque che essere un sonoro ed entusiasta: sììì – fuochi d’artificio!
  10. Italian life: Una fiaba moderna di amori, tradimenti, speranze e baroni universitari, Tim Parks. Ho sensazioni più ambivalenti su Parks, inglese di nascita ma italiano d’elezione, indubbiamente espertissimo conoscitore del cespuglioso sottobosco del mondo accademico del BelPaese. Ecco, il romanzo ruota tutto intorno a questo, e lo fa tra il documentario e la fiction per quelle che su carta son 432 pagine, percepite 4.300. Peccato, perchè se sfoltito di due terzi sarebbe stato godevolissimo. Giudizio: gessetto o cloroformio, Prof?
  11. La figlia perfetta, Anne Tyler. Siete forse alla ricerca di una storia scorrevole e delicata, ad oggetto la saga di due famiglie adottive molto diverse (super americana l’una, immigrata iraniana fedele alle proprie origini l’altra) legate a doppio filo dall’iconico ‘Giorno dell’arrivo’ delle loro bambine dalla lontana Corea? Eccola, vagamente malinconica, sicuramente godibile. Giudizio: sì ma tenete i Kleenex a portata.
  12. La famiglia al piano di sopra, Lisa Jewell. Delusione per la nuova fatica di quest’altra autrice che ho imparato ad amare negli anni. Il plot è frastornante, nel senso che ogni elemento e indizio risulta alla fine funzionale alla storia, ma lasciandoti la sensazione di aver ingurgitato un’insalata russa sovraccarica – e paradossalmente anche un po’ noiosa/ indigesta. Giudizio: Gaviscon plus, una compressa prima dei pasti.
  13. Dente per dente, Francesco Muzzopappa. E qui basta avere una vaga idea di chi sia l’autore per correre in libreria. Non l’avete? Di corsa ad arraffare un Muzzopappa qualsiasi! Copywriter, pubblicitario, pure figo, il buon Francesco è anche e soprattutto un autore comico esilarante, che vi farà sogghignare sotto i baffi nelle situazioni più disparate con la sua ironia corrosiva e intelligente.

E nulla, sorrido tra me e me alla fine di questa carrellata misto fritta perché il numero 13 mi ha riportato alla mente alcuni siparietti Totò-style delle passate vacanze, quando eravamo la metà di mille ed in un paio di occasioni si è rischiato di ritrovarci in tredeci a tavola. In quei frangenti ci convincevamo così che i minori valgono mezzo, o che i quattrozampe, all’uopo, posso esser considerati commensali se gli si passa il salame della Garfagnana da sotto il tavolo.

E con questa ho proprio finito, direi.

Hasta siempre, amici. E se quest’estate avete amato qualcosa di meritole – o vomitevole, certo – non mancate di famelo sapere nei commenti;-)