2021. Un anno in apnea, ma degradé

Lo so, lo so.

Il bilancio dell’anno passato non a gennaio, ma praticamente a febbraio dell’anno dopo, beh, anche no.

E allora no, vi risparmio la telecronaca di dodici mesi sghembi e liquidi, scivolati via in un clima di stanchezza avvinghiata alle ossa e certezze pari a zero in un altro anno in apnea dopo un 2020 che a Black Mirror e alla sua realtà distopica, per voler citare l’OMS… je fa ‘n baffo.

Consolatemi e ditemi però che anche voi avete avuto la stessa impressione: che se, occhei, il 2020 è stato un anno tragico, l’Annus Horribilis per definizione, col 2021 non è che sia andata proprio tanto meglio.

Lunga vita ai vaccini e a chi si è speso perché arrivassero nel Belpaese, ma per quanto mi riguarda il 2021 è stato l’anno della pesantezza. Un macigno d’ansia misto pigrizia pulviscolare che non mi ha permesso di far piani non dico a lungo, ma neanche a medio termine; e quindi no prenotazioni, no viaggi, no réunion rimandate dal fatidico febbraio 2020, no anche solo ad organizzarsi da weekend a weekend: e se poi m’ammalo? e se ti ammali tu? o quelli che volevamo vedere a cena? Una pesantezza che manco Alex Belli e il poliamore e Tina e Gemma e la Redazione tutta, signora mia!

Certo, certo, qualcosa da salvare in quest’annata con più ombre che luci c’è anche, e medito anzi di dedicargli il prossimo post (…nel 2023, esatto).

Ho stretto nuove, meravigliose amicizie e ne ho rinsaldate di preesistenti; per contro, ho deciso di chiudere definitivamente certe porte che avevo lasciato lì, mezze socchiuse, ché la seconda chance non si nega mai a nssuno ma qui eravamo arrivati…boh, alla ventitreesima.

Persone a cui ho voluto molto bene, con cui sono cresciuta, persone per cui avrei dato un braccio e pure un avambraccio defilatesi senza una parola, un gesto, un vaffa… nada de nada. E poi persone i cui patrimoni personali sono inversamente proporzionali a quei pilastri base del saper vivere chiamati educazione, umiltà, riconoscenza – e parliamo di persone molto benestanti. Per motivi diversi, in un anno dal plot frastornante anche senza questa dose addizionali di fauna problematica, ho depennato le due categorie di cui sopra dal mio, aum, libro paga.

Ho fatto partecipe anche maritt’, della decisione di cui sopra, e per quanto per lui sia congenitamente impossibile depennare chiunque, dalla sua cerchia amicale e dalla sua rubrica telefonica, fosse anche Hannibal Lecter...beh, diciamo che già solo il fatto che abbia ascoltato le mie ragioni e non le abbia cassate, considerato che in quanto a socialità navighiamo non su due mari, ma su due oceani diversi….tanta roba, ecco.

Ho inanellato qualche soddisfazione lavorativa, anche se le soddisfazioni più grandi restano sempre quelle para-lavorative.

Complice lo smart working, su cui potrei sciorinare l’ennesimo trattato ma col rischio di sfociare in una deriva molto trash e grottesca, ho potuto godermi gioie e dolori – gioie, perlopiù – di quella montagna russa impazzita che è la preadolescenza di una minore in tempi di pandemia. Ecco, senza se e senza me, aver potuto ascoltare, consigliare, abbracciare, strapazzare, scorrazzare, aiutare (vedi alla voce: Powerpoint) e insomma amare a tutto tondo la mia meravigliosa Pagnott’ nel contesto peraltro abbastanza cruciale dell’ingresso in prima media, è stato per me il vero, unico e grande risvolto positivo del 2021.

Perché se prima di questa ecatombe planetaria (non c’è altro modo di definirla e i Robespierre novax possono anche smettere di seguirmi, ché la mia dose di tolleranza s’è esaurita con i posti letto nelle terapie intensive) il nostro legame era solido, fisico, affettuoso oltre ogni mia più rosea aspettativa…dopo questo biennio di convivenza quasi 24/24, abbiamo raggiunto livelli simbiotici che manco le colonie di koala a Kanguroo Island. E’ appagante, è confortante, è consolante perchè se va da sé che le zone d’ombra e le porte in faccia arriveranno anche per lei, mi rasserenacontare sul fatto che vi sia una confidenza tale per cui lei ha ben presente che su questi lidi troverà sempre il supporto più trasparente e disinteressato. E no, non ho detto assoluto e a prescindere: il carabiniere buono, in questa casa, è suo padre.

Ma insomma ho esordito con “non voglio ammorbarvi con dodici mesi di patimenti” e invece paio David Copperfield. Naa, meglio chiudere qui e farlo in bellezza, raccontandovi i miei dodici mesi…su tela AIDA.

Li trovate nelle foto, che mi è piaciuto appiccare lassù perché sono un bel ripasso consolatorio anche per me. Per tutte le ragioni ormai note, nel 2021 ho avuto un botto di tempo per ricamare: quello sottratto al tragitto casa-lavoro e lavoro-casa, certo, ma anche e parecchio quello delle notti insonni in cui il cervello strideva e s’inceppava e non voleva saperne di arrendersi alla stanchezza che comunque c’era.

Nel 2021 ho ultimato la monumentale impresa della tovaglia con gli scoiattoli (“Gita a Central Park”); ho ricamato un evocativo spritz per la mia amica Eli e un’intera panetteria campestre per la talentuosa Sara; ho personalizzato anche tre o quattro bavaglini per altrettante liete new entries amicali, anche se non li ho pubblicati; e ancora, ho provato a ritrarre un delizioso bassotto che davvero si chiama Cookie; ho scoperto su Etsy che gli schemi delle ricamatrici russe sono La Bellezza e da lì non mi son più fermata: h scaricato e riprodotto un modello a tema caffé, lettere e dolcetti subito ribattezzato “Autunno calorico” e prontamente agguantato dalla minore che ha voluto appenderlo sopra la testiera del letto; a Natale ho regalato alla mia cuginetta = la sorella che mi sono accaparrata d’ufficio, diciamo – il quadretto “Cousins“, che ritrae me e lei di schiena, abbracciate, con un disclaimer già lungamente condiviso nel tempo che invita a non accontentarsi di “briciole” ma a puntare a interi “panettoni”; metaforici e non, visto che era Natale. Last but not least, immaginate la mia faccia quando agli sgoccioli dell’anno, in una delle rare sere di convivialità extra-domestica, la mia amica Elena si è presentata nel locale dell’appuntamento con una meravigliosa felpa con stampa del Piccolo Principe e della sua fida volpina: ecco, il quadretto regalo che avevo in serbo per lei e che a quel punto ho estratto dalla borsa sgignazzando come se mi fossi già ubriacata (non ancora, invece: lo avremmo fatto, insieme, dopo) era proprio…il Piccolo Principe!

E insomma il mio anno strambo voglio ricordarlo (anche) così: kilometri di matassine di filo mouliné disseminate sul divano sotto gli occhi roteati verso il cielo di Daniele e Camilla, che si son portati addosso pelucchi e brandelli di spago sui maglioni all year long; ché districare le matasse dei pensieri è un’impresa ma districare i fili DMC è fattibile.

E appagante.

Un po’ meno se sono le 5 di mattina e la sveglia è puntata alle 7, eam.

2 pensieri riguardo “2021. Un anno in apnea, ma degradé

  1. Nel 2021 sono contento di averti ritrovata sui social. Forse è stato l’anno della consapevolezza. Ho deciso consapevolmente che se certe persone non ti vogliono nella loro vita o ti cercano solo quando fa comodo a loro, è giusto che non ci siano. Punto. Una seconda possibilità la si dà a tutti (quasi), una terza a chi credi di voler bene davvero. Ma alla fine in amore (o in qualsiasi altro rapporto sentimentale positivo) deve esserci un dare e avere, non una monodirezione. A metà / fine dicembre ho cancellato dal telefono credo 120 numeri. Gente che mi guardava perennemente gli stati di whatsapp e quando chiedevo “come stai?” non rispondevano neppure. Su Facebook ho il non seguire più su almeno 80 persone che parlano solo di odio ecc. Ne sto guadagnando in salute. Decisamente.

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    1. Onorata innanzitutto di essere stata una riscoperta positiva n questo 2021 un po’ ‘nfame per tanti/tutti. Che dire, senza esserci messi d’accordo, direi che abbiamo proceduto alla potatura dei rami secchi entrambi;-) Forse perché quando senti che il tempo stringe, ti scivola via dalle mani come granelli di sabbia, capisci che è un dovere verso te stesso(a) non sprecarlo ulteriormente dando spazio a chi non lo merita. A me dispiace solo che nella casistica che ho raccontato come prima (persone a me care, da cui IO non mi sarei allontanata) abbiano fatto da “giardiniere” verso di me. E si parlava di un’amicizia storica. Diciamo che quel voltafaccia mi ha insegnato, sì, a potare, ma con gisuto due parole di accompagnamento. Anche un “vaffa”, eh, all’occorrenza.

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