









Non si ricordano i giorni, si ricordano gli attimi: e come contraddire l’esimio Cesare Pavese?
Tanto più che davvero, di questa due-giorni-e-mezzo sivigliana, ciò che resterà impressa nelle profondità paludose delle memorie di noi sei gloriosi viaggiatori, sarà una serie comica di gaffes sullo sfondo maestoso di una città luminosa e vibrante nell’aria tiedida fragrante di zagare di una primavera celebrata, finalmente, con tutti i crismi.
L’ultimo vero viaggio di famiglia, un weekend lungo a Budapest, risaliva infatti al lontano ottobre 2019, era ante-Covid, insomma: per questo non ho potuto trattenere un urletto di gioia quando il Boeing Ryanair ha bucato deciso la coltre di nubi torinesi, lasciando che il sole pieno sopra le Alpi inondasse la cabina… e un po’ anche il mio cuore.
Cuore che ho decisamente lasciato nella capitale andalusa, vivace e sorprendente, con l’eco delle chitarre del flamenco a rallegrare i passanti tra gli acciottolati dei barrios, l’architettura cesellata, fatta di ricami di pietra e suggestioni moresche, il giallo andaluso delle facciate e degli azulejos, le tapas saporite…e decisamente economiche rispetto ai nostri pretenziosi e spesso scialbi apericena.
Non abbiamo fatto in tempo a visitare l’iconica cattedrale (ma sabato sera ci siamo regalati una pausa-sangria su un rooftop affacciato sulla Giralda, una vista davvero da diesci), ma in compenso abbiamo goduto di una guida iperpreparata e sin troppo ciarliera che ci ha fatto scoprire tutto, ma veramente tutto, di interni ed esterni dei Reales Alcázares de Sevilla, la residenza reale ancora in uso più antica d’Europa.
Esempio perfetto del locale stile mudejar, l’enorme complesso monumentale si trova proprio in centro (ed è un labirinto di locali, stanze sontuose e patii lussureggianti che hanno ospitato il set de “Il trono di spade” – e qui alla guida stupitissima del fatto che nessuno di noi avesse seguito la serie apprezzate il fatto che mi son trattenuta dallo spiegare che io sono più una fedelissima della Maria – De Filippi – nazionale.
Ma ciò che mi ha veramente entusiasmata sono stati i sette, sterminati ettari di giardino, che non per nulla rappresenta quasi la metà dell’intero verde del centro storico di Siviglia: con ventimila piante di oltre duecento specie, pappagalli, papere e pavoni, è stata non solo per me ma per tutta l’allegra brigata un’autentica parentesi di benessere, relax e ristoro.
Dopo mesi di risvegli incrostati di stanchezza e sorrisi sfibrati, non so descrivere quanto bene mi abbia fatto questa toccata & fuga di sola e smagliante bellezza. Bellezza della città, del clima, della gente, bellezza anche e moltissimo della compagnia, che non poteva rivelarsi più azzeccata, affiatata e…a prova di gaffes, perché avevamo pur sempre un toscanaccio a bordo, eh!
E dunque memorabili resteranno gli estemporanei quesiti del nostro toscano alla forbitissima guida dell’Alcazar, Samuel, dopo che questi si era ridotto con la gola riarsa per raccontarci con dovizia di particolari vita, morte e miracoli di re don Pedro I – ma basti sapere che il complesso è chiamato anche palazzo del re Don Pedro perché nato come edificio privato per il re, ma soprattutto… noi ne sentivamo disquisire da trenta minuti buoni:
“Desculpe, ‘orse mi sono distratto ‘n momento: ma perché stai sempre a parlare di ‘esto Don Pedro…?’
Palma d’oro poi alla sua epica uscita all’ombra del sontuoso Alfonso XIII, uno dei cinque stelle più prestigiosi non solo della città ma dell’intera Spagna, noto per essere l’hotel prescelto dal re di Spagna durante le sue visite di Stato a Siviglia.
Consigliatoci per un drink (ma non per un pernottamento: si parte dai 1.000€ a notte), lo abbiamo incrociato quasi per caso mentre trottavamo verso la gigantesca Plaza de España – altri cinquantamila metri quadri, perché se c’è una cosa che ho capito da questa puntata spagnola è che in Andalusia less is not more, ecco.
Di fronte al monumentale ingresso e alle Bentley schierate sulla soglia, Almira ed io non abbiamo dubbi; vale la pena fermarsi, scattarsi quei cinquecento selfie e mettersi pazientemente in coda per un aperitivo sulla terrazza, che è ad uso sia di ospiti che di turisti. A quota 12 kilometri già macinati, il nostro toscano non è però così propenso ad attendere. Tempo tre minuti e si avvicina a quello che ha tutta l’aria di essere un pacioso custode prossimo al pensionamento: viso un po’ floscio ma gioviale, panciotto teso su ventre primente, penna nel taschino, mani sui fianchi e sguardo indagatore.
“Desculpe buen hombre, ma ‘un è che lei mi sa dire come funziona la cosa qui…? ‘he noi non è ‘he possiamo far ‘oda da qui alle otto de las tardes…”
La faccio breve, ma se ci ripenso rido ancora sino alle lacrime: dopo aver scrutato il nostro toscano e annessa compagnia scarmigliata e zainettomunita con perplessità evidente, il custode si è presentato (e come, si è presentato) non prima di aver accennato un baciamano ad Almira e alla qui scrivente: quarto o quinto uomo più ricco di Spagna, ed incredibilmente, cliente – ovviamente VIPPISSIMO – dell’azienda del nostro bravo toscano! E qui…hai voja, a spararsi stories, selfies, la qualunque!
Bon, chiudo qui perché mi scappa la pipì da ridere.
Spero anche a voi,, come spero che la “mia” Siviglia vi sia piaciuta… diciamo almeno uno spicchio gustoso di quanto è piaciuta a me!
Hasta lluego!*
*se non ci arrestano prima per molestie, claro.