Mari fuori & montagne interiori, bonus & malus edilizi, letture d’infanzia & misto fritto: il mio wrap up di febbraio

Mai come nei luuunghi, interminabili ventotto giorno del febbraio finalmente archiviato ho sognato di svegliarmi e ritrovarmi nel corpo pingue e fluffoso del mio avatar, un saggio pelouche che vive di eucalipto ed autonarcosi: una pesantezza cosmica generale è stato infatto il segno distintivo di un mese partito male, proseguito malissimo e risollevatosi giusto alla fine, complice un weekend mondano di festeggiamenti e un’iniziativa libresca che mi ha catapultata indietro in tempi (assai più) lieti.

Resta il fatto che per i tre quarti del mese l’ovale tendente al bluette di Laura Palmer emanava più brio della qui scrivente; perché le parole possono essere spigoli acuminati, e per quanto l’età, addizionata ad una qualcerta innata propensione al masochismo accettazione, mi abbia resa bella elastica e abbastanza impermeabile agli urti della vita (cit. Carboni) e con meccanica efficienza abbia tenuto insieme i pezzi di famiglia scuola lavoro tempo libero…il colpo l’ho accusato.

Forte, chiaro e potente. Poi ripeto,ho imparato da tempo e a suon di cicatrici a sciogliere da sola il nodo stretto della delusione e del risentimento; ma la memoria, la cache, l’hard disk qui nella capoccia beh, quella non posso cancellarla con la sola forza di volontà.

Ma torniamo a noi e ai toni trash che più ci si confanno, suvvia. Che coi mental breakdown scansati c’ammorba già sin troppo la Ferry nazionale, il cui grande evento traumatico è stato, vabbeh, riconosciamone la portata, lo sfratto il licenziamento la malattia le stragi in mare ah no…

Sanremo 2023.

Ma dato che questo tignoso febbraio è stato così denso di accadimenti, per renderne in modo appropriato tutta la complessità, l’idiosincrasia, la polifonia…ah no, qui volevo solo dire che di febbraio ne ho piene le tasche, i drammi veri sono altri e insomma procederò per bullet point. …come quando si mandano le mail di lavoro agli americani, presente?, notoriamente capre ignoranti poco avvezzi alle, em, zona d’ombra e alla complicanza.

Tre, due, uno…via.

Il 110%, ovvero lo Squid Game condominiale. Purtroppo (okay, non purtroppo ma vedi oltre) la fatidica comunicazione di inizio lavori per Superbonus, la chimerica CILA-S, è stata presentata dal condominio in cui dimoro, tra una transenna e l’altra, ben prima della scadenza ultima dello scorso 25 dicembre. O novembre. Vabbuò.

Perché se non sapete di che vada blaterando, beati voi: ché il mondo della riqualificazione energetica è una selva oscura, irta di ostacoli e farcita da mangerie della miglior specie come solo noi italioti sappiamo concepirne, tant’è che sta (per fortuna, a detta della nostra ditta appaltatrice!) inesorabilmente finendo.

In ogni modo: da aprile 2021, quando l’adesione al Superbonus era solo una nebulosa chimera, allo scorso lunedì, quando di isolamento termico degli involucri, coibentazione dei tetti et similia avrei potuto scrivere una tesina una tesi un PhD, credo di aver preso parte a qualcosa come centordici riunioni straordinarie. Tutte rigorisamente in seconda convocazione, tutte in orario serale (leggasi: ora pasto), tutte con rare eccezioni destinate a prolungarsi oltre i limiti dell’umana sopportazione. Unica nota positiva, dall’anno scorso i simpatici convivi si tengono in un convento, convento che rivedo sempre con affetto perché lì si tenne il mio corso prematri…ah, no, perché lo fiancheggia il kebabbaro più buono dei dintorni. Ché dopo ore ed ore di sbrodolate sugli infissi e sui montacarichi uno potrà almeno sbrodolarsi un po’ anche con cipolla e pummarola?

Ecco, febbraio è stato particolarmente denso di riunioni: ordinarie, staordinarie, interne col solo caposcala (sapevate dell’esistenza dei caposcala condominiali? Ecco, neanche io. Ebbene, il nostro vive al terzo piano e tiene traccia con invidiabile zelo delle questue di tutti i dirimpettai di Scala C), interne/esterne con caposcala e maestranze della ditta appaltatrice, e ancora, preliminari a quelle plenarie ma estese al direttore lavori e/o ai serramentisti e/o elettricisti e via discorrendo. Praticamente l’agenda di Joe Biden ma senza l’ufficio stampa di Joe Biden. Ché poi secondo me per rinfrescare un po’ la Casa Bianca basterebbero la metà delle riunioni.

Ecco, aggiungiamoci che a queste estenuanti sessioni di coscienza collettiva in orario post prandiale partecipano immancabilmente quei personaggi macchiettistici che ogni agglomerato suburbano non può non annoverare, tra cui – ogni riferimento è puramente condominiale – il vecchietto con l’apparecchio acustico che interrompe esplosioni di urla beduine all’indirizzo dell’amministratore e della 15ima rata al grido di “Ma qui parlate tutti PIANO, ma qui non si sente NIENTE” (intanto i fraticelli del convento han chiamato il 113); l’ingegnere mitomane fresco di laurea di GENNAIO che boccia la suggerita modifica alla rampa di accesso a nome di tutti (tutti CHI? le tue foglie d’alloro?); il pater familias pancino che lamenta il fatto che da mesi gli amati virgulti non possono guocare a nascondino tra le fresche frasche del giardino senza il rischio di beccarsi un montacarichi sulla capoccia (vero, verissimo, per carità, senonché da che mondo e mondo gli operai non VOLANO); la bionda svampi-ma-non-così-svampi che sollecita risposta al sollecito del sollecito della sua mail del 12/12 ad oggetto gli infissi di colore bia…ah, ops, quella sono io 🙂

Ma insomma per dire che può esser tutto molto, troppo pesante, senza parlare di quando le discussioni si trascinano, sterili ma estenuanti, fuori dalle sante porte del convento, mentre sullenostre coste si consumano veri e propri drammi ed ecatombi…tipo Sanremo 2023, certo.

A ognuno la sua croce e a me il punto croce. Uno bravo un giorno magari mi spiegherà perché io mi ostini ad imbarcarmi in progetti sempre pià arditi ambiziosi insensati, trasformando quello che è il mio personale antistress in una folle maratona alla scoperta di quanti MILIONI di punti possono toglierti vista e sonno in un un mq2 di tela.

No, perché da quando scarico da Etsy i sampler delle immaginifiche ricamatrici ucraine – per sostenerle, certo, ma anche e indiscutibilmente perché imbattibili, speriamo solo non su quel fronte – è tutto un crescendo di file PDF chilometrici da stampare in A4, ritagliare nei bordi e incollare tra loro sino a ricostruire schemi dalle dimensioni di lenzuoli. Bellissimi, eh, per carità. Ma del tipo che ti fa anche chiedere: ma che, mi ha forse obbligato il medico?

Ma insomma l’ultima folle impresa è quella che vedete abbozzata in un MILIONESIMO della sua grandezza reale in foto lassù: la cameretta di un’adolescente declinata in tutti i toni del marrone brunito, tipo ottanta diverse gradazioni di DMC nocciolato, una cinquanta sfumature di grigio su tela che lungi dal procurar piacere, provoca ormai, dopo mesi di croci cappuccinate, conati di vomito solo alla vista di cibi/liquidi/arredi/abiti marroni.

Ecco, se vuoi farmi male in questo periodo, offrimi della (brrr) Nutella. Ma favorisco una visuale più ampia per spiegarmi meglio.

Ma passiamo infine alle note positive, di questo mese sfidante, e notare bene che non ci ho infilato dentro nessun riferimento al lavoro, perché, beh…perché cerco di essere positiva. Non al Covid né allo streptococco, eh, grazie.

La montagna interiore e il mare in tivvù. Nel commentare alcune mie foto su IG ad oggetto l’ultimo weekend di febbraio in montagna, tipo le prime due che vedete lassù, la mia amica Radiant evidenziava la, em, conclamata assenza dell’elemento montano in praticamente tutto l’album, che pure si chiamava “weekend in quota” o qualcosa del genere.

Alla mia amica di sempre rispondevo – mi pare dopo quattro calici di bianco, ma stavo pur sempre festeggiando non uno ma ben due compleanni, maritt’ & amica E – che esiste evidentemente una montagna interiore che laddove paesaggi limpidi, verdeggianti e gloriosi non sortiscono nessun effetto (stavo per dire: non fanno né freddo né caldo, però in montagna fa innegabilmente freddo, eh) si riscalda a suon di brindisi, risate e festosa compagnia. Con la compagnia giusta, per dire, ho persino raggiunto un punto panoramico in quota…ma anche perché poi al rifugio m’attendevano tagliere e salumi. Laddove insomma l’amore per le vette innevate non arriva, arriva tutto il resto & contesto. La montagna interiore, chiaro!

Sempre e solo ammòòre e plauso invece per il mare, il sole, la sabbia, le nasse, gli ombrelloni…o meglio ‘o mare, ‘o sole…Ebbene sì, col consueto ritardo mi sono tramutata anche io in una #marefuorersss, una fan della fortunata serie di Rai 2, insomma, che sto recuperando in ingorde sessioni di binge watching serale su Netflix. Avendo resistenze al sonno mooolto diverse, in pratica funziona così: maritt’ si spara quattro puntate a sera/notte, io la metà. Il giorno dopo io recupero e lui rivede (!). La sera dopo lui di nuovo quattro e io due. La sera dopo, recupero. Insomma poteva fare l’allenatore dell’Atalanta!

Girata nella base navale della Marina di Napoli, la fiction In effetti più fiction di così non potrebbe essere: quelli che dovrebbero essere i detenuti di un penitenziario minorile sono a metà tra i briosi ospiti di un campus americano da film anni ’80, i partecipanti a Love is Blind e, vabbeh, i fratelli minori di Gomorra, questo sì. Tra una coltellata e l’altra, una vendetta di camorra e un rapimento, si consumano tormenti d’amore e concerti karaoke; ci si affeziona però anche ai personaggi (il mio prefe, Cardiotrap, che sogno di rivedere ad Amici) ed è indiscutibile che la trama sia costruita ad arte per tenerti incollato allo schermo, puntata dopo puntata. E cioè quattro puntate o due puntate a sera, vedi sopra.

Cicale, cicale, cicale: si balla? No, si legge! L’ho tenuta per ultima, la chicca del mese, per cui non smetto di ringraziare l’amica ed autrice Sandra, conosciuta proprio grazie al blog e presto diventata un punto di riferimento per le mie maratone libresche: libri che consiglia, libri che scrive…libri della sua infanzia di cui s’è messa caparbiamente alla ricerca e che ha pure trovato!

Ecco, se come Sandra e come me coltivate per i libri una sorta di venerazione – il libro come testo, il libro come messaggio, il libro come oggetto tangibile e porta sulle emozioni modello madeleine– vi invito caldamente a leggere questo suo post.

Post che ha mi ha fatta immediatamente fiondare su Ebay alla ricerca di alcuni titoli della mia infanzia, e che ora occhieggiano tenerelli e mezzi seppiati sulla cima della pila infinita che mi aspetta sul comodino. Che poi in realtà il delizioso “Le cicale”, ed. 1971, che nella metà degli anni ’80 fu il testo di narrativa che la mia augusta genitrice scelse per una sua classe delle medie – io facevo quinta elementare o giù di lì, e curiosa mi appropriai della copia omaggio che le case editrici mandavano in estate – vorrei lo leggesse innanzitutto la minore. Perché a me, ai tempi, folgorò. Tant’è che è già in arrivo il suo sequel, “Il ballo delle cicale”, le adolescenti compagne di scuola tra luci, ombre e batticuori della prima estate libera dai compiti a casa, ovvero quella dopo la terza media. Quella che attende Cami, insomma.

Ma è vero anche che allora io ero piccina, che erano altri tempi…che faccio che rileggermelo e fodermelo prima io che non vedo l’ora, valà. Piccola nota di ulteriore tenerezza, in calce a questa copia recuperata online e priva di tagliandino commerciale – insomma identica alla mia, quindi chissà, altro reperto da prof? vi sono anche gli esercizi di comprensione del testo. Come dice Cami: ADORO.

E con questa operazione nostalgia passo e chiudo. Ma fatemi sapere se ricordate qualche titolo della vostra infanzia, che sono…siamo, okay… curiose!

Non solo Harry: top e flop delle letture del 2022

No, non leggerò quel malloppazzo di Spare perché m’è bastata la serie di Netflix per farmi ricredere sulla non-più-royal couple del Sussex/Montecito che lì per lì aveva attirato le mie simpatie: giovani, belli & ribelli. Seee.

Allergico ai media e nemico giurato della stampa che tanta responsabilità ebbe nella tragica morte della mamma (vero), il fratellino di William ha giust’appunto pensato di fare degli ultimi tre/quattro anni tra Buckingham Palace e Sognando California una serie TV in sei puntate che è un cliffhanger di vittimismo ed autocelebrazione che Evita Peron, scansate!;

un’ospitata milionaria nel salotto più popolare d’America, quello di Oprah;

ennemila puntate in Late Show minori ed ora, beh, come eludere definitivamente l’obiettivo del Grande Fratello se non con un memoriale bomba le cui cinquecento pagine e passa son la versione moderna e incoronata di Oliver Twist? Padre anaffettivo, fratello subdolo, matrigna cattiva, lutti negati e gioventù bruciata …è o non è materiale per un cartoon Disney che si chiuderebbe, però, con immancabile lieto fine?

Ecco, poiché sul lieto fine della diaspora dei Sussex dubito fortemente, no, grazie, come detto sento di aver già dato.

Ma invece di star qui a demolire la novità editoriale del nuovo anno, il sempre fedele Goodreads – l’unico social che non ti fa sentire un boomer senza speranze anche se hai (da mo’) passato gli anta mi informa che nel 2022 ho ingollato la bellezza di 64 libri! Complici il Kindle, che per me è sinonimo di complusione alla lettura veloce, una biblioteca cittadina sempre più fornita e la sempre fruttifera parentesi vacanziera – ad agosto, nelle sole tratte di mare Livorno-Olbia & ritorno mi pare di aver macinato quattro libri – non posso effettivamente lamentarmi della mia Reading Challenge.

Ma ad oggi, cosa ne resta? Al netto di qualche Twingo, parecchie & scattanti Ferrari (cit. BZRP Music Sessions #53 by Shakira).

Da cosa partiamo? Massì, facciamo dai flop, dai, fosse mai che vi risparmi qualche acquisto incauto – e che mi attiri le ire di chi quel testo l’ha amato e lo lovva tuttora tantissimo, e vabbeh. Seguiranno i TOP, che in realtà son stati molti di più di questa frettolosa cinquina. Come sempre, se avete amato o odiato fortissimamente nel 2022…raccontatemi cosa, se vi va.

I FLOP LETTERARI DEL 2022

Un matrimonio perfetto, Sarah Pinborough

Se esiste in letteratura l’equivalente dei Razzle Awards per il cinema questo mix letale di soft porno & giallo di bassa lega entra a pieno diritto nella top ten della categoria. Osceno, in tutte le sue accezioni, e poi prolissooo, noioso, inconcludente.

La candidata perfetta, Greer Hedricks e Sarah Pekkanen

Dopo aver buttato alle ortiche ore preziose per capire dove il legame malato e privo di qualunque logica e credibilità tra la sadica psichiatra newyorkese che individua nella make-up artist squattrinata ma modaiola la candidata perfetta del titolo al suo studio su etica e morale, ve lo posso anticipare così da risparmiarvi l’acquisto: non porta assolutamente da nessuna parte!

Scritto coi piedi, popolato da personaggi avvincenti come bolle d’accompagnamento e razionali come triglie al salmì, una caterva di digressioni di rara inutilità per raccontarci quanto son belle e ben vestite le protagoniste… io davvero non mi capacito come cotanta spazzatura sia stata partorita dalla penna non di una ma di DUE autrici. Sacro Graal!

Il profilo dell’altra, Irene Graziosi

La delicatezza di un centrotavola di gondole veneziane racchiuse in palla di vetro, ‘na cafonata come poche altre (pag 167: “Mi sfilò il tampax e iniziò”) sono per me il segno distintivo di questa pompatissima e acclamatissima opera prima che ci ripropone il sempiterno topos della gggioventù tormentata & ribelle.

Cacofonico, sciatto, tutto ruota intorno alle pippe mentale di inflenZer e amica di influenZer ribbeeelli e tormentate e cattive e autolesioniste. La sinossi che lo accompagna in aletta di apertura, poi, è abbastanza fuoriviante perchè di torbido mondo dei media/social media/social network si parla con la profondità di una pozzanghera in una torrida estate di secca. Il finale, un picco infelicità tra il Giovane Werther e i fratelli Vanzina.

Ecco, qui molti dissentiranno e allora li invito – senza spirito polemico alcuno, anzi – a dirmi perché questo libro sarebbe BELLO.

I TOP LETTERARI DEL 2022

Mai stati così felici, Claire Lombardo

Se mai nutriste qualche dubbio sul fatto che le storie americane (okay: molte, storie americane) sono storie di tutti, storie in cui si entra, ci si accomoda in soggiorni, si partecipa con trasporto alle vicende di queste grandi famiglie disfunzionali sino alla dipendenza… io davvero vi invito a tuffarvi senza rete di protezione in questa stratificata, poderosa indimenticabile saga famigliare.

Non fatevi intimorire dalle quasi 700 pagine perché – credetemi – se il genere è il vostro, punterete sveglie antelucane pur di sapere cosa ne è delle sorelle Sorensen, le cui vite anche adulte tornano e gravitano attorno alla casa di infanzia di Fair Oaks, dove gli amorevoli genitori, David e Marylin, non hanno mai smesso di essere porto sicuro e riparato all’ombra del ginko di famiglia – come evocano le foglie in copertina.

DiesCi, senza se e senza ma.

Portami il diario, Valentina Petri

Arguto, ironico, sagace: non vi sono aggettivi lusinghieri che non siano già stati spesi all’indirizzo dell’ottima Petri e alla sua inimitabile dichiarazione d’amore ai suoi studenti e al suo lavoro di insegnante. Da figlia di & amica di svariati insegnanti, non ho potuto che accompagnare la lettura da vigorosi “sì sì” con la capoccia, né esimermi dal consigliare a tutti ma veramente tutti i miei contatti – da un lato e dall’altro della cattedra – questa lettura che arriva dritta la cuore.

Promossa con lode.

Le verità di Miracle Creek, Angie Kim

La violenta esplosione di una camera iperbarica nella contea di Miracle Creek, in Virginia, dà il via ad un processo per omicidio quantomai coinvolgente: pubblico ministero ed avvocato della difesa sono solo due dei tanti protagonisti che la magistrale Angie Kim, non per nulla avvocato, restituisce con tratto sicuro e ricchezza psicologica superlativa.

Risultato? Un legal thriller dal ritmo serrato in cui ogni singola pagina è un crescendo di climax e una nuova scoperta, ma anche un romanzo di denuncia appassionato che esplora le zone d’ombra della faticosa integrazione sociale delle comunità coreane in nord America, la capacità di reagire ai tracolli, il dilemma tra etica e sopravvivenza, il conflitto tra legami di sangue e giustizia processuale.

Ipnotico.

La casa di Fripp Island, Rebecca Kaufmann

Non conoscevo l’autrice, che tutti raccomandano per il pluripremiato “La casa dei Gunner” e non posso che ringraziare la mia sempre ottima Radiant Orchid che al Salone del Libro mi ha dirottata verso lo stnad della Sur a passo spedito,

Nell’atmosfera indolente e disimpegnata di una vacanza estiva, i destini di due famiglie si intrecciano e si legano indissolubilmente in virtù della morte di uno dei protagonisti che le segnerà per sempre.

Non vanta pretese da novello “Il nome della rosa”, ma si fa amare esattamente per quello che è: una murder story ben scritta e ben congeniata: l’abilità dell’autrice risiede, a mio avviso, nell’aver anticipato sin dalle prime pagine che una morte violenta si abbatterà sugli ignari vacanzieri. Un climax d’attesa pervade infatti poi tutta la storia, ove le dinamiche famigliari sono al centro della narrazione con spunti introspettivi potenti su conflitti di coppia e struggimenti adolescenziali, perché al lettore sorge spontaneo chiedersi chi arriverà al punto di uccidere chi e perché.

Poirot!

Tutto per i bambini, Delphine De Vigan

Ingredienti: una starlette di reality mancata, che diventata madre decide di rifarsi e trasformare i suoi figli, Sammy e Kimmy, in piccole star dei social network; un padre remissivo, incapace di opporsi; la piccola di casa che palesa i primi segni di insofferenza da sovraesposizione mediatica e scompare; una poliziotta fermamente intenzionata a ritrovarla.

Svolgimento: in un thriller ad alta tensione in cui ricerca investigativa e approfondimento sociologico diventano tutt’uno, l’ultimo romanzo della mia scrittrice francese preferita è ancora una volta acuto e intelligente.

E poi che voglia, di farne recapitare una copia alla premiata ditta monetizzatrice della qualunque Fedez&Ferragni!

Libri e lockdown, accoppiata azzardata

Cari amici quarantenati-ma-un-po’-meno!

Mettetevi comodi che per finire questo post c’ho messo tre giorni; perché no, questa quarantena non mi ha regalato né tempo da dedicare a me medesima né possibilità di coltivare nuovi skills, hobbies e neppure gerani. E tantomeno il tempo di coltivare il blog, com’è evidente.

Voglio comunque provare a raccontarvi delle mie assoltamente random letture da reclusa, partendo da una doverosa premessa.

Non ci voleva infatti l’Organizzazione per la Cooperazione e per lo Sviluppo – né le faccette contrite della Barbarella d’Urso nazionale nel suo contenitore trash pomeridiano – per riconoscere che, se già in condizioni di normalità le donne italiane occupate lavorano ogni giorno circa 4 ore in più degli uomini se al lavoro retribuito si somma quello domestico, un vero e proprio record (in negativo) in Europa, la quarantena ha almeno triplicato il peso dell’emergenza sulle loro spalle.

Perché se allo smart-working si assommano le consuete 4 ore extra di incombenze casalinghe, ma anche un numero di pasti domestici e/o commensali improvvisamente lievitato, la disinfestazione compulsiva di casa/spesa/abiti/ambienti, l’home schooling per chi ha figli in età scolare e un palinsesto di videolezioni partito, per dire, solo addì 11 maggio (ed ogni riferimento a fatti e persone…), senza parlare del contenimento delle intemperanze degli altri abitanti della casa perché si sa, la quarantena ha fatto sbarellare almeno un italiano su due…

ecco, se a otto ore di lavoro al PC (sempre per dire) s’assomma tutto il resto, questo maledetto COVID ha messo noi donne decisamente sotto scacco. E beninteso, la legnata poderosa è estesa anche alle casalinghe di professione, eh: nessuna donna di mia conoscenza portatrice sana di famiglia a carico s’è salvata, in termini di iper-carico, durante questo lockdown.

Si son salvate, immagino, le single – categoria che ho invidiato dal profondo delle viscere per tutti gli oltre sessanta giorni di quarantena “stretta” – che, sempre se la salute propria e altrui consentiva, chiaro, hanno invece magari approfittato di questo tempo sospeso per imprimere un twist persino in positivo alla loro daily routine – come dicono le blogger quarantenate in leggings e top mentre anncheggiano sul tapis roulant e mostrano la prima pastiera della vitah nelle loro IG stories tutte identiche.

Hobbies, ginnastica, letture… ecco, loro sì che magari ce l’han fatta! Perché qui – come già detto – col cavolo che il tempo libero per fare un po’ quello che ci pare s’è moltiplicato: s’è assottigliato al pari del mio girovita… perché care amiche di Fitv*a, Herbal*fe e affini…nulla affama e smagrisce più di una cazzuolata bella ricolma di stress, sappiatelo.

Ma bando alle ciance e alle premesse peraltro pure un po’ inutili, ché il leit motiv delle conversazioni, chat e zoommate con il 99,99% tra amiche, qui e in quarantena, è stato esattamente lo sproposito di lavoro atterrato sulla capoccia di noi mamme/mogli/massaie/maestre/maanchebasta.

Passiamo alle mie letture, che sì, per quando sembri un controsenso rispetto a tutto il pippone di cui sopra, tra marzo, aprile e questo scampolo di maggio sono state molte...sebbene abbastanza sfortunate.

Da quando il lockdown è iniziato, infatti, complice l’insonnia che credo abbia colpito la metà dello stivale, le due attività principali cui mi dedic(av)o dalle 5 o 6 del mattino son state il ricamo e i libri. Ah, e naturalmente l’acquisto online di materiale di supporto per entrambe le attività; il sito di Mani di Fata credo resisterà alla crisi anche grazie a me;)

Purtroppo, sulla scia del clima abbastanza angosciante soprattutto delle prime settimane di marzo, l’effetto immediato della reclusione domestica è stato una sorta di repulsione pressoché immediata per tutta la produzione scritta che mi capitasse tra le mani.

Avessi avuto davanti anche il nobel per la letteratura (anche se non c’era pericolo: i tre neuroni svegli all’alba potevano affrontare poco più dell’almanacco di Topolino) lo avrei probabilmente schifato. E’ andata leggermente meglio nelle settimane a venire, se non altro perché la lettura al far del sole rappresentava il mio angoletto d’evasione da una situazione domestica fattasi davvero ma davvero ma davvero (ho già detto: davvero?) pesante. Ora va meglio, e infatti le mie recensioni su Goodreads finalmente superano le due stelline e un quarto; se volete farvi due risate, le ho recuperate e inserite nei permalink.

Le mie prigioni letture in quarantena

A metà marzo la family tutta s’è intrippata di brutto (mmm…’na frase che sembra uscito dal TikTok della minore, aiut) per un drama coreano trasmesso da Netflix che non saprei come definire se non: unico nel suo genere. Mai, mai visto nulla di simile! La serie si intitola “Crash Landing on you” e racconta le peripezie di un’irresistibile ereditiera di Seul che a causa di un incidente col parapendio supera il 38° parallelo e finisce in terra nordcoreana. Qui incontrerà l’amore nella persona del (figherrimo) ufficiale Ri Jeong-hyuk e tutta la serie ruoterà attorno all’improbabile storia d’amore tra due protagonisti, ma soprattutto due civiltà, tanto diversi. Bello bello bello. Ma perché questa intro? Perché conquistata dalla storia di Yoon Se-ri e del suo militare/pianista (e mo’ basta che sennò vi svelo troppo: se avete Netflix, guardatela) ho ordinato alcuni libri aventi ad oggetto Corea del Sud e Corea del Nord:

Dalla Corea del Sud: vita da precaria tra neon e bandiere sciamaniche di Anna Maria Mariani. Due stellette soltanto: l’ho trovata un’occasione sprecata per dar la parola al Paese e far un passo indietro con l’autoreferenzialità. Bonus track: in compenso ho imparato la ricetta per il kimchi, il totemico cavolo fermentato che unisce tutti i coreani, dal nord al sud attraversando la zona demilitarizzata. La mia recensione su Goodreads è qui: https://www.goodreads.com/review/show/3275844755

Pyongyang Blues di Carla Vitantonio. Idem con patate anche spostandoci nell’impenetrabile Corea del Nord. Tantissime divagazioni, poca ditattura. Tutta la mia schizzinosità su: https://www.goodreads.com/review/show/3275847049

Finita la parentesi dell’Oriente, ho cercato suggestioni più vicine. E dunque:

Zero gradi di Roberta Colombo. Questa in realtà – mi ricorda il buon Goodreads – è la prima lettura che mi ha traghettata in quarantena. Nelle prime settimane a casa ordinavo libri a sorpresa da far recapitare anche ai miei genitori perché si svagassero un po’ e questo è stato uno di quelli, che poi mia madre mi ha passato. Per la verità, me lo ha passato tipo 24 ore dopo il passaggio del corriere con la raccomandazione di “tenermelo pure”: un segnale che non ho saputo cogliere? In realtà la storia è leggera e scorrevole e insomma si fa leggere anche in tempi di pigrizia claustrale. Per saperne di più: https://www.goodreads.com/review/show/3201605288

Vacanze inglesi di Joseph Connolly. Never judge a book by its cover, mai giudicare dalle apparenze, è quel che posso ripromettermi dopo aver macinato a fatica questo polpettone grottesco e triviale, che ha (letteralmente) una copertina bellissima, e che nelle intezioni dell’autore immagino dovesse risultare ironico/esilarante. Bonus track: è la seconda volta che lo compro, quanto potere gli zuccheri in copertina! L’ho demolito qui: https://www.goodreads.com/review/show/3235642659

La giusta distanza di Sara Rattaro. Idem come sopra: poiché la mia razionale e scientifica scelta libresca avviene, in un buon 50% dei casi, in virtù di una copertina appariscente, colorata, leziosa… le librerie di casa collezionano dorsi cromaticamente suggestivi ed io cocenti delusioni per storie definite illuminanti, struggenti, decadenti…ma che a me sembrano di una banalità sconcertante. Poi ripeto: di solito non sono così drastica, solo in prigionia domiciliare ho raggiunto il picco: https://www.goodreads.com/review/show/3156899700

Adulti di Caroline Hulse. E finalmente, gradita quasi (ho detto: quasi) quanto addì 4 maggio 2020 – fase due del lockdown – la commedia brillante di cui sentivamo un gran bisogno: padre e madre separati regalano alla figliola una vacanza alternativa nello Yorkshire con i rispettivi nuovi compagni. Si ride, si piange, sicuramente non è alta letteratura, ma preziosa compagnia per quarantenate insonni sì. Le mie quattro stelle di riconoscenza qui: https://www.goodreads.com/review/show/3187246711

Tropicario italiano di Fabrizio Petrarca. E dopo pochi acquisti fortunati, il saggio più interessante di tutta la quarantena: l’imperdibile caravanserraglio degli italiani in vacanza nelle località che un tempo erano esclusive ed ora irrimediabilmente “cafonal chic” occhieggiava già da mesi nella Billy di casa, pronto solo ad essere assaporato. Lentamente, molto lentamente, perché lo stile dell’autore è ricco, iperbolico, un continuo di rimandi e citazioni socio-letterarie da centellinare con criterio e ammirazione. Il mio bravo Fabrì è qui: https://www.goodreads.com/review/show/3215173955

Se chiudo gli occhi di Simona Sparaco. Vuoi per il mood cinerino da quarantena, vuoi per la stanchezza perenne avvinghiata alle ossa in queste giornate campali di superlavoro, questa autrice, che pure mi piace molto, qui non è riuscita a convincermi. Consiglio il suo Equazione di un amore, che ai tempi mi fece lacrimare come un vitello, ma non raccomando questo e qui vi spiego il perché: https://www.goodreads.com/review/show/3195594019

E i figli dopo di loro di Nicholas Mathieu. Ho davvero scritto “un imponente romanzo corale ambientato nella Francia post-industrale”? Pare di sì, perché la struttura è ambiziosa davvero, l’idea originale anche se nel complesso il mio giudizio è un ni, come ho scritto qui: https://www.goodreads.com/review/show/2965959919

Le fedeltà invisibili di Deplhine De Vigan. Tutte ma proprio tutte le storie (malate, per dirla alla Pagnottella) della De Vigan sortiscono l’immancabile effetto di un pugno dritto allo stomaco e questa non è da meno. Ma è un pugno ben assestato e un dolore che fa riflettere. Il mio poi è molto fresco perché ho terminato la lettura un paio di giorni fa e ne ho parlato qui: https://www.goodreads.com/review/show/3047849175

E a questo punto una doverosa ola da Curva Sud a chi, indomito e sprezzante della palpebra calante, è giunto fino a qui. In realtà sono molto tentata di aggiungere che ho un’altra torre pendente di libri sul comodino (accanto alla Nutella) ma dato che dalla quarantena dobbiamo sforzarci di uscire migliori (e uscire e basta) vi risparmierò. Andate in pace, e se almeno voi trovate mascherine a 50cent + IVA, battete un colpo.