


Non è solo una frase d’autore che nel gergo pallavolistico designava le eccellenze maschili della nazionale anni ’90;
non è neanche soltanto la leggendaria canzone degli Stadio del lontano 1991, né (boomer, sospirate con me) la sigla di una contemporanea e meravigliosa serie di Rai 2, direi la Beverly Hills 90210 de noiartri, visto che ruotava attorno alle vicende amorose di un gruppo di liceali romani, intitolata “I ragazzi del muretto”.
No, “generazione di fenomeni” è anche e per me soprattutto un attualissimo e nutrito bestiario di wannabe fuoriclasse moderni, un campionario di esaltatissima fauna umana che l’esimio Foster Wallace non esiterebbe a fare oggetto di una delle sue monografie, dopo quella dei croceresti.
Non so voi, ma io ultimamente sono circondata, da Fenomeni.
Li incontro con la frequenza con cui incrocio il corriere Amazon e li patisco come patisco la peperonata la sera dopo ‘na certa: nel loro vuoto cosmico dimentico di contegno e senso della realtà, non tutti ma una buona parte mi stanno decisamente indigesti, proprio come la peperonata nottetempo.
Ma approcciamoci dunque con spirito di etnografo e lente dei RIS alla mano alla disamina di questa grande e convintissima comunità – comunità al 90% maschile, stando alle mie ricerche sul campo: il Fenomeno che conosco io non sa che farsene, del low profile e di quello spirito di understatement peculiarmente femminili. Anche se qualche Fenomena, ovviamente, c’è; noi diremo Fenomeno per dire Fenomen*, ecco.
Il Fenomeno è convinto. Anzi, convintissimo. Orgoglione – che sì, fa rima con altro -one -, logorroico, incontenibile e inspiegabilmente certo che l’ego ipertrofico che si porta appresso a mo’ di torcia olimpica sia per il prossimo motivo di ammirazione se non di autentica invidia.
Avete presente la pagina IG del “Milanese Imbruttito?”
Ecco, diciamo allora che l’idea di base è quella, però pompata a livelli iperspaziali. Ma davvero una buona fetta dei Fenomeni che conosco saluta con “Ué, grandissimo/a!” solo perchè non si ricordano il tuo nome, mica per altro, ti elenca tutti i suoi sbatty e va immancabilmente di frettissima – magari a tagliarsi le unghie degli alluci, ma di frettissima.
Il Fenomeno nostrano, tuttavia, si contraddistingue non tanto per il lessico, quanto per i contenuti; contenuti che arrivano talora già di prima mattina, in filodiffusione dagli speaker dell’automobile quando la tua monovolume zigzaga in modalità pilota automatico verso l’ufficio, gli occhi incrostati di sonno, unico obiettivo: sopravvivere sino a sera.
Il Fenomeno invece no, il Fenomeno si sveglia già carico come una dinamo, performante come una confezione di Foodspring doppio cioccolato, pronto a conquistare il mondo e piantare la sua bandiera in vetta al K2. Lo intuisci da come parla, dal fuoco di fila di domande (Come va, che fai, dove vai, novità, weekend??) a cui però se sei fortunato non devi neanche scomodarti a rispondere: risponderà lui per te, esemplificazione perfetta del “me le canto e me suono”, che poi son quasi divertenti, questi monologhi, un’alternativa pittoresca a Radio Deejay e comunque sempre più piacevoli di un acufene, toh.
Il Fenomeno pensa di essere oggetto di ammirazione – e non di post ridanciani su WordPress – perché, beh, perché sostanzialmente è ricco. Ricco in senso materiale, e cioé nel conto in banca e nel suo palmares di latin lover: il Fenomeno ti delizia con i suoi successi lavorativi e con le sue conquiste sentimentali – okay, togliamo sentimentali; il Fenomeno guadagna i paperdollari e frequenta le mejo squinzie; il Fenomeno ha sempre qualche prenotazione vacanziera all’attivo – se breve a Ibiza anche se Formentera è meglio, se più lunga in qualsiasi città/nazione che faccia rima con parco di divertimento per adulti abbienti.
Il Fenomeno ha naturalmente amici Fenomeni ad alto tasso di riccanza che lo invitano per il weekend a Saint Tropez sul mega yacht – ma qui non è fondamentale che te lo racconti perché in effetti la sua pagina IG, che tu scrolli tutte le mattina per fare il pieno di buonumore e spunti ciarlieri tipo questo, è un mosaico di sorrisi sbiancati sui tender tra le onde del Mediterraneo, dell’Egeo e prossimamente su qualche atollo del Pacifico.
Il Fenomeno è prestante, ma sul come non sottilizziamo: se nelle medesime foto il nostro etnografo noterà un mix sospetto di pelle color cuoio innaturalmente tesa, nervature sui deltoidi e avambracci da Popeye disegnati da vene in rilievo e si chiederà se frutto di dieta proteica? palestra? crioterapia?…ecco no, la rispostà sarà: filtri instagram a manetta senza pudore e senza vergogna. Ma quel che conta è il risultato!
Il Fenomeno così come l’ho descritto è in realtà la sommatoria algebrica dei tanti Fenomeni che ho incrociato sul mio cammino negli ultimi lustri – e che per inciso maritt’ si ostina a definire “simpatici”.
Ecco, sul fronte simpatia potremmo aprire un altro capitolo, ma non vi voglio così male. In soldoni, il mio punto è che tutte le caratteristiche di cui sopra, di per sé, non fanno di un Fenomeno una cattiva o spregevole persona: tuttalpiù, una pittoresca macchietta da film di Verdone.
Ciò che fa proprio implodere le mie coronorie, quando ho a che fare coi Fenomeni, è il fatto che 8 volte su 10 questi uomini e donne che per come si raccontano “non devono chiedere mai” tipo pubblicità del Denim Musk, ti chiedono invece favori su favori ma attenzione: dipingendoli come TUE fantasmagoriche opportunità di fama, guadagno, successo, crescita personale e pubblica e compagnia bella.
Io, che pure so di sembrare svaporata, per anni ho tagliato corto per arrivare al punto. “Ah Tizio/Caio/Semproni*, non girarci intorno: cos’è che vuoi da me?” e realizzato….aum, vediamo…curricula (a iosa), profili aziendali, tesi, tesine, traduzioni, script per siti internet e per editoriali, testi per inserzioni a pagamento, per sonate, balalte e tarantelle (okay tarantelle no), dispense per corsi fai da te, libercoli (anche per parenti, ma lì a chiedermelo non era un Fenomeno bensì mio suocero, che di fenomenale ha solo la ricetta per la pasta spada & pistacchi) e ancora, recensioni, ruriche off e online e molto altro che credo di aver rimosso per mancanza di giga sull’hard-disk.
Il punto è che tutte questo cose uno (io) le fa anche volentieri, se gli riescono facili e lo divertono; dirò di più, lo fa con autentico piacere per amici e persone care.
Ma per un Fenomeno, che ti promette in cambio mari e monti, ti inonda di partole vuote quanto la scatola cranica di Gianluca Vacchi, ti dice “ahhh, un talento come il tuo vedrai come lo rilancio ioooo“, “ah, ma qui si fa il botto sicurooo” e poi manco un caffé al bar converrete con me che tutto ‘sto gran trasporto non c’è.
Ormai da tempo, ho deciso che io non voglio essere la colf sottopagata di nessun Mr Enjoy – e lo so, non c’è da vantarsi, ma sì, ho guardato quella cafonata di Mucho Màs; però lasciatemi spezzare una lancia a favore della produzione di Prime per confermare che non c’era nessun motivo per rimuoverlo, trattandosi di documentario (?) che non parla assolutamente di N U L LA, vedi alla voce *scatola cranica di. Di contro, regala allo spettatore tanti begli interni da sogno, fuoriserie cromate, cene stellate, prati all’inglese e divertenti ballett….ah, no.
Ma insomma. Di generazione di fenomeni, per me, ce n’è una sola. E ordunque intoniamo insiemeE.
Generazione di fenomeni, siete voi
Generazione di fenomeni, tutti eroi
Generazione di fenomeni, come noiiiiii