SBAM! Covid, poké e letture estive shakerando, shakerando…ma anche no.

Edit vacanziero. Questo post di fine luglio era tra la bozze un paio d’ore prima di partire per il mare. Incredibile ma vero (o forse un regalo di compleanno dall’etere?) WP me lo ha salvato e così ripropongo, alle dieci di una pigra serata estiva in quel di Grosseto, spalmata sulla sdraio sul patio, fili d’erba fra le Hawaiianas, una tavola blu cobalto sulla capoccia e il piccì sulle ginocchia. Ma chi m’ammazza? Ed anche: ma davèro davèèèro sabato si torna alla base? A I U T…

Ripetiamo ordunque tutti insieme e a gran voce: mai, mai, mai lamentarsi quando il cosmo sembra congiurare contro di noi – l’epico Saturno contro di Ozpetekiani fasti. Le cose potrebbero andare ancora peggio!

Detto e fatto (lamentarsi, dico), cosa non succede a un paio di giorni dalla pubblicazione del post sulla grossa grisi che, a conti fatti, poi tanto grossa non era?

Ma ovvio, vogliamo forse farci mancare l’ultimo trend dell’estate? Che ovviamente non è quel latrato strozzato di Shakerando, shakerando, con tutto il contorno ballerino/non ballerino dell’ennesimo trapper dall’ego ipertrofico, naaa: il vero trend stagionale & trasversale è la nuova variante Covid, la Omicron non-so-più-che-numero, a cui manco con queste temperature beduine si scampa più.

E insomma dopo essercela sfangata grazie a vaccini, mascherine e indubbia dose di cu*o per ventiquattro mesi, a questo giro la famiglia Koala tutta s’è arresa. Il primo (molto) positivo è stato maritt’, seguito a ruota da me ed infine dalla minore, che per sua fortuna è sempre rimasta asintomatica. Ora, lungi da me fare terrorismo sanitario ma, per quanto mi riguarda, un sonoro “Alla facciazza della variante BLANDA!” posso solo esclamarlo a gran voc…ah no.

Prima deve ritornare, la voce.

Febbre alta per quattro giorni, gola in fiamme, ossa a tocchetti e quando finalmente i sintomi più vigorosi sembravano smorzarsi per cedere il passo ad una dose di stanchezza endemica che manco Varenne al decimo giro di campo… che non vogliamo prendercela, una bella botta finale di congiuntivite, che per noi allegri portatori di lenti a contatto è peraltro una doppia condanna?

E del clima da deserto del Gobi che intanto distillava sudore anche dalle cuticole dei capelli, ma vogliamo parlarne, signora mia?! In tre in 90mq senza condizionatore? Ovviamente uscir vivi dal Coviddi in quelle condizioni era impensabile e grazie all’ausilio salvifico della mater familias, a metà degenza un panciuto Pinguino, unico interstizio di refrigerante sollievo in cui infilarsi in un generale clima di spleen cosmico, ha fatto ingresso in casa, istruzioni comunicate dal pianerottolo dietro porta socchiusa, FFP2 ben salda sul naso; alla vista del tecnico, qualche lacrima di commozione negli occhi – che intanto cominciavano ad arrossarsi, modello coniglio albino.

Ma insomma anche questa è andata. Le scadenze di lavoro incombono per marito – per me scadenze non pervenute nel senso che lavorando con l’internazionale, come diciamo in ufficio, di scadenze non ce ne sono, perché ce n’è una ogni giorno: e poi ce ne restano mille, esatto; approfittando dello stato di prostrazione generale, la minore ci ha intanto estorto la promessa di una vacanza-cazzeggio-studio in UK tra dodici mesi esatti; le valigie sul letto prima di un lungo viaggiooo (magari) occhieggiano minacciose e dunque, raccogliendo le poche stille di linfa vitale rimaste in corpo dopo un luglio che sempre dalle mie parti al terzo piano si definirebbe sfidante, un brevissimo wrap up fotografico del mese.

  1. Cosa si fa quando si rimane positivi e bunkerati col solo ausilio del Pinguino De Longhi per quasi quindici giorni? Ma ovviamente si ricama. Acciambellati sul divano imbottito, perfetto peraltro per disperdere altri sali minerali se i 40° interni/esterni non bastano. Il nuovo pannello che vedete abbozzato è in tema jungle, ma la mia grande soddisfazione è quello, in tema Colazione da Tiffany, incorniciato in tempo per il compleanno della mia amica di sempre. Seguiranno altre foto…da qui al 2023, daje.
  2. Avrei preferito celebrare la liberazione dal virus con un Pink Martini ma è andato bene anche un parco poké, consumato con una certa commozione (la prima uscita dopo due settimane di clausura!) insieme alla minore in Via Accademia delle Scienze.
  3. vabbeh: Pink Martini no ma bubble tea sì.
  4. Dicevamo, le valigie sul letto: già che vorrei viaggiare leggera, vuoi non infilarceli tutti, ma proprio tutti i nuovi acquisti libreschi che vedete sullo scaffale?
  5. sì, certo che sì. Meglio un caftano sgalcino che un lettore sguarnito è il mio motto quando si tratta di vita spiaggiata Ah, nel dubbio ho fatto incetta di download anche sul Kindle ma soprattutto di prenotazioni online via SBAM, l’immaginifico sistema bibliotecarlo che ti consente di prenotare una caterva di titoli da tutte le biblioteche della tua area metropolitana per vederteli recapitare fisicamente nella tua biblioteca cittadina, una email a segnalarti finestra temporale per ritiro, scadenza prestito etc. Riconsegna titolo: sempre dalla tua biblioteca cittadina, che provvederà, nel caso, a restituirli a quella di appartenenza. Più comodo di così, forse solo il mio prossimo oggetto del desiderio, la poltrona pouf a sacco sfoderabile, toh.
  6. Dulcis in fundo, per qualcuuunooo è tempo di tormentate scelte di scuole superiori, perché in terza media la preiscrizione è prevista entro il primo quadrimestre. Vogliamo forse esimerci dall’esprimere il nostro non richiesto parere, ma facendolo in maniera sottile (vabbeh: ‘nzomma) e velata (idem) ovvero rituffandoci noi stesse nella lettura di manualistica poco poco referenziale? Ma no, prima che mi denunciate al Telefono Azzurro per molestie intellettuali…GIURO che avevo davvero voglia di un ripasso giocoso e leggero. Che il libro è in effetti godibilissimo, che tuttavia non costringerò la minore ad avvicinarlo. Non vuoi manco aprirlo? Bene, liberissima di non farlo. Vuoi aprirlo? Bene, venti euro e mascara di Sephora per te in arrivo.

E dalla genitrice de-covizzata ma sempre sclerata il giusto, that’s all, folks!

Edit. Ci si rilegge prossimamente con il wrap up di agosto: giusto il tempo che le mie falangi tornino ad essere operativi e non piccoli porceddu panciuti e scarlatti dopo un simpatico morso di tafano sull’avambraccio, qui in spiaggia in Toscana, che più veloce degli amorazzi estivi della svizzerotta sempre ridente, mi ha scatenato un’altrettanto simpatica reazione allergica. Risultato: il memento della prima parte di vacanza made in Sardinia è ancora qui con me in terra etrusca (ah, l’amore) sotto forma di avambraccio, polso e dita simil-porcellino arrosto non commestibili e scarsamente performante. Yep.

Not living my best life. E i 40° all’ombra non aiutano.

Not living my best life, lately – rispondevo ieri ad una collega svedese che invece è in vacanza in Sicilia e tra teatri greci e granite in riva al mare sta avendo un great time, awesome places, delicious foodarimortacci no?

Crisi di governo, crisi Totti-Blasi, crisi idrica, crisi di chi fa smart senza condizionatore a casa (presente!), vogliamo non metterci uno straccio di crisi esistenziale amche noi, scusate? Ma no, certo che no.

E così alle mie lamentazioni modello Evita Péron II, domenica (a Bardonecchia, 1300 m, 26 gradi celsius di beautitudine almeno per un dì) l’amico Fabio rispondeva sollevando ironico il sopracciglio “Mai sentito parlare della crisi do mezza età…?”

Ecco, credo quello sia stato il colpo di grazia dopo quello che mi è sembrato un weekend eterno, complice il sottofondo incessante di pensieri limacciosi che normalmente non faccio, o meglio ho imparato a sotterrare nel fango con discreta destrezza.

Ecco, ultimamente non più. Da qualche giorno i pensieri bui m’investono e mi travolgono con la violenza dell’aria bollente che soffia verso il marciapiede dai bocchettoni su Via Roma, angolo Benetton, alle 15.00 di un qualsiasi pomeriggio di questo luglio sahariano. E tu sudi e arrossisci e sbuffi e lì per lì credi che perderai i sensi, nonostante l’iced caramel macchiato da 750 Kcal nella mano destra, e magari c’hai anche lo zainetto portapc carico sulle spalle col cambio abito, così, per dire.

Fattostà che il tuo livello di felicità è quello di una serata disco-nostalgia di provincia con il ballo a plachetto che però tutti han disertato.

Un po’ come quando la love story del momento, ma che tu credevi di sempre, chiaro, s’arena e sei tu quella a disamorarti o comunque a mettere la parola fine: stai male, malissimo, perché col cavolo che solo la parte lesa sta male – se hai un briciolo di coscienza, se l’affetto è rimasto, se sai per certo che per la controprate sarà una picconata sulla capoccia, allora starai male doppiamente, perché starai male per il male in sè ma anche per aver causato del male…vabbeh, esperienza di vita vissuta, anche se qui non c’entra niente – però, dicevo quando una certa epoca, una certa storia è oggettivamente arrivata al capolinea, nascondere la testa sotto la sabbia è impossibile.

L’evidenza del tutto ti si spiaccicherà comqunue in faccia con la grazia di un tornado e la penna leggera di Dagospia. Magari non sarà una faglia sismica sotto le infradito, ma il vuoto cosmico della piazza deserta del ballo al palchetto sì.

(Si intuisce che in una vita precedente di balli al palchetto ne ho bazzicati tanti? Sì, eh?)

Ma insomma al momento la mia verve è quello di una busta vuota che danza nel vento nel parcheggio del Conad, rendo l’idea? In balia degli eventi, incapace di bloccare i pensieri, le labbra increspate dall’amarezza che si sollevano in tirati sorrisi di circostanza – anche perché sono perennemente attorniata da persone, il leit motif della mia vita da eremita mancata – senza che però gli occhi le accompagnino davvero.

Come in una fotografia sovraesposta, contorni e immagini di quel che sarà la tua vita ti appaiono, dall’oggi al domani, incerti e sfalsati. Tu che di norma vedi il bello anche nell’etichetta nutrizionale del Muller bianco percepisci chiaramente di avere, al momento, la stabilità mentale di Elon Musk.

E allora butti giù queste poche righe sconnesse, perché dar voce ai propri pensieri ti sembra voglia dire mettere ordine un po’ ai pensieri stessi, che al momento razzolano impazziti come galline sull’aia prima del temporale.

Mentre le parole del tuo amico risuonano implacabili e così dannatamente azzeccate, tant’è che è impossibile non soffermarsi e pensare che intanto però a questa benedetta/maledetta mezza età tu ci stai arrivando, seppur arrancando malamente: il tuo migliore amico, colui che hai amato come un fratello minore, colui al quale corre il pensiero un giorno sì e l’altro pure, si è fermato molto prima.

Perciò altro che Totti e Blasi, qui c’è gggrossa gggrisi.

Oddio, nulla che un Americano ben dosato non riesca a stemperare almeno un pochetto, chiaro.

Nell’attesa, Starbucks e Polase. Sognando California. Sognando anche solo, boh, un temporale.

Misto fritto senza gamberi (che non ho mai imparato a sgusciarli)

Leggevo su non so quale rivista di cui ho fatto man bassa durante il primo, sospirato break estivo – la tradizionale settimana di fine giugno nel grossetano, tradizione ahimé destinata a svaporare prestissimo visto che tra un anno, a quest’ora, la minore sarà impegnata negli esami di terza media (Mom needs a drink, esatto!) – che la pandemia è un po’ come la vecchiaia: una cartina di tornasole della nostra indole, che migliora se è pacifica e peggiora se è malmostosa.

In effetti non ci vuole Freud per intuire che l’esplosivo mix di chiusura forzata & limitazione individuale non può che mettere in risalto e forgiare la santa pazienza e lo spirito (diciamolo pure) di sacrificio delle persone miti e concilianti; di contro, un petulante irascibile non riuscirà a contenersi e darà sfogo a tutto il suo malumore. Malumore peraltro contagioso, proprio come il Covid.

Ora, io che faccio dell’understatement non la mia bandiera ma pure il mio intimo, la tshirt, i jeans e il cappello a tesa larga simil Borsalino, non ho esitazioni nell’asserire che avrò sì, mille limiti e altrettanti difetti, ma decisamente non lesino in quanto a provviste di pazienza. Spirito di sopportazione formato XXL. Volontà di conciliazione degna da ambasciatrice ONU. E via discorrendo. e no, Camy, non sto flexando 🙂

Tutto questo pippone d’apertura per dire, molto semplicemente, che dopo aver tenuto le redini da inizio anno di un decoroso menage familiar-social-lavorativo, finto sordità a tutte le fattispecie mendeliane di pettegolezzo, frecciate e strali assassini, tenuto a bada le ansie della mater familias che, porella, di recente non scoppia certo di salute, e ancora, appianato ogni sorta di contrasto con la serafica calma che manco il Mahatma Gandhi… sono arrivata all’alba del sospirato 18 giugno, sospirato addì della partenza, con il brio di una camera ardente e la flemma di Vlad l’Impalatore.

La verità è che, proprio come la protagonista dell’ennesimo teen drama che ho iniziato a seguire su Prime con la minore (L‘estate nei tuoi occhi: melassa allo stato puro tratta da young adult, diciamo una storiella leggera di formazione sul primo amore, il primo cuore infranto e la magia di un’estate perfetta ove si salva giusto la location, una lingua di oceano immaginaria ispirata a Cape Cod e Martha’s Vineyard, due tra le mete che torreggiano nella mia bucket list di viaggi da sogno, ndr), anche io misuro sostanzialmente il tempo in estati: autunno e inverno, freddi e brumosi, non sono che l’arduo passaggio obbligato che mi separano dalla primavera, stagione molto amata in quanto preludio della luminosa, briosa, disimpegnata estate – non aggiungo calda ché quest’anno non è il caso.

E insomma il mio umore da Grinch, per cui all’ennesimo: “Kiara, ma non è che hai visto i miei calzini/top/ombretti/prescrizioni/ciabatte/testa…?” i familiari hanno seriamente rischiato la pelle, aveva un gran bisogno d’estate, d’estate in vacanza, però: anche se solo di un pugno di giorni che volano via più veloci della mio PIN bacomat in tempi di saldi… questi per me son giorni salvifici.

Perché torno ad essere me. A spazzare via stanchezza e preoccupazioni per sorridere di genuino buonumore che sventola indisturbato al tempo delle bandiere di Kite Beach. Ad annuire anche quando magari nel retrocranio una vocina mi suggerisce luciferina: “Ma che fai, non dissenti?” No, grazie, proprio no: preferisco assentire. E godermi l’attimo.

Abbandonarmi a scrosci di risa irrefrenabili dopo grigliate sotto le stelle annaffiate da Tennent’s e vin santo con amici che in pratica vedo solo una settimana l’anno ma in quella settimana mi godo a tutto tondo. Spensieratezza e relax rotondo e puro. Profumo di costine alla brace e sogni a forma d’anelli di calamaro dorati e scrocchiarelli. Colori turchino, salvia e zafferano di Maremma, kiters dai 15 ai 65 anni e colazioni indulgenti alle undici di mattina coi piedi sulla sabbia mentre la stanchezza e il malumore si disfano via come pelle morta dopo la prima tintarella metà sole e metà ombra.

Di questa settimana in particolare ricorderò, sì, il relax così indolente da rasentare la catatonia (ho letto un solo libro, anche se imponente – lo vedete in foto – e questo per una che in spiaggia rifugge il sole e macina romanzi è significativo) ma anche l’umore luciferino della Pagnottella addì 22 giugno 2022 alla vista della sua torta di compleanno mentre le prime note di “Tanti auguri a te” si diffondevano dalle casse collegate allo smartphone in spiaggia: tanta, troppa gente ad applaudire i suoi 13 anni tra i tavolini del bar di Karolina:

e dunque quale miglior occasione per dare il là a questa zavorra ostinata di reticenza e malumore che è parte integrante del pacchetto “teenager”?

Quando abbiam visto la nostra (un tempo) piccola dar le spalle alla torta panna e fragole, il viso solcato dal disappunto, e rifugiarsi in riva al mare, credo che maritt’ ed io abbiamo realizzato in contmporanea e con non poco horror vacui che l’età della fanciullezza, dei sorrisi sornioni e delle coccole no stop se n’è definitivamente andata. Eclissata. Scomparsa. Boom!

E dunque un motivo in più per benedire il fatto che, quantomeno, eravamo in vacanza. Circondati da amici ed amichetti capaci in tempo zero di farle (e farci) tornare il sorriso.

A distanza di un paio di giorni vorrei tanto poter dire che gli effetti benefici del break continuano, ed in parte è così. Ritornare dai miei genitori, ritrovarli in forma nonostante l’età, nonostante gli acciacchi, nonostante tutto, già non è scontato e lo so, me lo dico e me lo ripeto – e me li voglio godere e portare fuori a pranzo.

Restano da mandar giù piccoli sorsi di amarezza, minuscoli distillati di scortesie, forse leggerezze, che però non t’aspetti e per questo fan male un pelino di più.

Mi dico da sempre che devo imparare, alla mia veneranda età, a rispondere non male, ma con la stessa moneta e puntualmente disattendo il proposito. A questo giro, invece, penso di aver iniziato.

Non so se si può andare proprio orgogliosi di aver abbassato di qualche tacca il proprio livello di (proverbiale) indulgenza, ma al momento mi congratulo da sola. Ché coi tredicenni la pazienza non è solo gradita, ma vitale, ma cogli over 45 anche no. O no?

Under the Astigian sun. Cronache di una prudente estate alla vaccinara.

Anche quando hai fatto dello humour di dubbio gusto la tua bandiera, vi sono cose talmente serie non solo da non poter sdrammatizzare, ma che addirittura ti scoraggiano dal mettere mano ad argomenti decisamente più leggeri, che all’improvviso da lievi si trasformano in fuori luogo e (diciamo pure) creti*i.

Nel pieno del lockdown, il babbo di una cara amica – una forza della natura, una roccia nel senso più concreto del termine, inteso come spalla solida cui appoggiarsi, guida nelle asperità e faro luminoso nelle nebbie delle incertezze – s’aggrava tutto d’un colpo. Troppo veloce anche solo perché la sua famiglia possa entrare nell’ottica della malattia (che poi, in che ottica vuoi entrare esattamente…?), si spegne e un po’ della sua luce la porta via con sé anche nei suoi cari.

O ancora, c’è questo mio amico dai tempi dell’Uni trasferitosi in Polonia al seguito della sua deliziosa Ewa; dopo quindici anni di malattia, perde la sua mamma mentre si trova all’estero e si macina duemila km di strada in auto per assistere al funerale, solo col suo groppo in gola mentre le stazioni radio cambiano lingua al varco di ogni confine; perché la prima estate post-lockdown è anche questo, una giungla di buracrozia, limitazioni e divieti che rendono gli spostamenti anche più indispensabili un tetris imbrogliatissimo.

E poi c’è B, una sorella per te, colei con cui hai condiviso i pizzini sottobanco durante le interrogazioni di greco e le estati in assoluto più ridenti e lievi della tua vita, che assiste con i propri occhi all’ictus, imprevedibile e devastante come solo questi mali codardi sanno essere, della sua dolce mamma. Succedeva lo scorso 11 giugno, tra poco sarà un mese. Un mese di coma per la mamma, un mese in cui la tua amica e il suo papà hanno esaurito tutte le loro lacrime, vuoi perché la compromissione è grave vuoi, di nuovo, perché i protocolli ospedalieri in epoca Covid ostacolano non solo le visite, ma persino le telefonate in (da) reparto. Peripezie e giri di giostra incredibili anche solo per parlare con un medico – che poi è un medico sempre diverso, ovvero quello che capita in terapia intensiva sulla base dei turni; e che purtroppo, fatte salve lodevoli eccezioni, spesso non brilla per umanità e empatia…pure!

Però…però la speranza, quel filo sottile che tiene in vita i nostri cari e un po’ anche noi finché é presente, non bisogna abbandonarla mai. (Poi tra il dirlo e il farlo/provarlo c’è di mezzo il Pacifico, lo so.)

Ma intanto sabato B. ha stracciato tutti i protocolli e, complice un’infermiera dall’animo gentile, è riuscita ad infilarsi in ospedale e parlare alla sua mamma, che inerte sul letto la guardava senza vederla con gli occhi fissi e velati. Ecco…incredibile a dirsi ma a distanza di un giorno (casualità o conseguenza? Io dico conseguenza!) la sua mamma inizia per la prima volta a manifestare le prime, timide reazioni agli stimoli da un mese a questa parte!

Ed io son così felice, così speranzosa che allora sì, daje, qualche scampolo d’estate sento di poterlo condividere, ora. Confessandovi di essermi sentita un’idiota, in questi ultimi mesi, ad aver rimpianto il mancato viaggio oltreoceano, essermi preoccupata per i rimborsi e menate così: ma son crucci che son durati quanto una relazione di Temptation Island, ecco.

Ai pachidermi delle aviolinee della TAP abbiamo sostituito rotondità più rassicuranti – e nostrane: le balle di fieno del cugino Army, i tronchi strategici dei vicini di fattoria nell’Astigiano. Il progetto estivo per intero prevede anche di metter finalmente mano al secondo piano del cascinale in campagna, ma la realtà è che nel weekend la pigrizia la fa da padrona e quindi…estate 2021? Camilla dice: più realistico 2025.

Quando parlo di sabati indolenti, mi riferisco a questi, per dire. L’Astigiano ospita alcune piscine defilate e incuneati tra vallate verdi che son delle autentiche perle; nulla ma proprio nulla a che vedere con alcune immagini raccapriccianti di muscoli e panze tremule stipati come jappi in metro all’ora di punta in certe piscine cementifere che COVID-19, questo sconosciuto?

Dato che qui si lavora sino ad agosto inoltrato, vediamo di sfruttare appieno i benefici dello smart, ché quando ci ricapita? mi son detta. E dunque: a due passi da casa, ho scoperto uno spazio co-working che…lascio parlare le immagini, daje. (Dimenticavo: postazione, wifi, area snack con caraffe d’acqua e dispenser di caffé per tutto il giorno, 5€)

E poi? Beh, visto e considerato che l’assembramento, sui lidi ove facciam tappa da quattro anni a questa parte, non è un problema (o meglio: può non esserlo, ma bisogna essere accorti e calibrare le scelte, mai come ora che il livello d’allerta pare sceso ai minimi storici)…com’è che faceva la canzone? per quest’anno/non cambiare/stessa spiaggia/stesso mare… Abbiamo tastato il terreno con una toccata&fuga a giugno (pictured) e se tutto va bene ci torneremo , con mascherina sul naso e insalatiera di fettuccine onde evitare intasamenti al bar.

E voi, stenui lettori on air? Riuscirete a ritagliarvi qualche giorno di break, qualche weekend d’evasione oppure nei giorni sospesi della post pandemia l’opzione divano, ciabatta e condizionatore – ma anche risveglio lento&profumo di caffé – ha acquisito un suo perché?